Il settore del fashion sostenibile

Il settore del fashion sostenibile

L’industria della moda è tra quelle con il maggior impatto ambientale in assoluto: circa il 10% delle emissioni totali prodotte negli ultimi 10 anni sono imputabili ad essa. In aggiunta, la produzione tessile si stima sia responsabile del 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile, mentre il lavaggio di capi sintetici rilascia ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibra nei mari. Anche il ciclo di vita dei prodotti viene gestito in maniera poco sostenibile: a livello mondiale meno dell’1% degli indumenti viene riciclato come vestiario, il resto viene raccolto in discariche o in minima parte donato.

Complice di questi risultati è il fenomeno del fast fashion che, consentendo una disponibilità costante di nuovi stili a prezzi molto bassi, ha portato un aumento del 60% di acquisti dal 2014 ad oggi* ed una riduzione della vita media di un capo del 50%.  

 

Negli ultimi anni, tuttavia, la crescente consapevolezza dell’inquinamento causato dall’uomo e dell’importanza di temi quali la salvaguardia del pianeta hanno portato i consumatori a riflettere sulle proprie scelte di acquisto, orientandosi verso un’ottica di economia circolare e moda sostenibile. Infatti, sebbene resti ancora la modalità di vendita prominente per questo settore, il fast fashion ha subìto una battuta d’arresto nel corso della pandemia di COVID-19, momento in cui si è assistito ad un cambiamento di attitudine dei consumatori verso un’ottica ‘less is more’. Infatti, secondo un sondaggio svolto da McKinsey in quel periodo il 65% dei consumatori rispondenti sostiene che avrebbe acquistato meno capi, ma di qualità superiore e di durata maggiore, considerando l’aspetto ‘novità’ un fattore trascurabile nel processo decisionale. 

 

La sostenibilità nel fashion è un tema che coinvolge allo stesso tempo aziende e consumatori, che indirettamente influenzano le prime cambiando le proprie abitudini di acquisto, ad esempio privilegiando aziende con valori in linea con i propri, comprando meno capi, scegliendo alternative second-hand o composte esclusivamente da fibre naturali. Inoltre, la nascita di marketplace per capi usati di lusso e non – Vestiaire Collective, Vinted, Depop e TheRealReal tra i più famosi – ne ha reso più accessibile l’acquisto, prima limitato dalla necessità di recarsi in mercati di quartiere o negozi specifici. 

Gli individui più sensibili al tema sostenibilità ed economia circolare sono millennials e generazione Z, che prestano di conseguenza maggiore attenzione alle proprie scelte:  dall’Osservatorio di PwC è emerso che nel 2020 il 63% ha scelto prodotti sostenibili contro il 29% nel 2019.

Ai marchi di abbigliamento ormai si chiede uno sforzo in più in termini di scelta e provenienza dei materiali, così come di attività volte ad estendere il ciclo di vita dei propri prodotti e ridurre l’impronta di carbonio. 

 

Questo cambiamento nelle abitudini di consumo si traduce economicamente in un mercato del fashion sostenibile in crescita: dai 6.63 miliardi di euro del 2019 a 8.61 miliardi di euro nel 2023. Secondo le statistiche inoltre, il mercato dovrebbe poi crescere fino a 10.24 miliardi di euro nel 2025 e successivamente a quasi 16 miliardi di euro nel 2030, con un tasso di crescita annuo composto del 9,1%.

E tu quanto sei sensibile al tema sostenibilità? Faccelo sapere nei commenti!

Il team BizPlace

 

*agenzia europea per l’ambiente

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