È la fine dell’epoca degli ‘unicorni’, le startup che raccolgono e perdono molto

È la fine dell’epoca degli ‘unicorni’, le startup che raccolgono e perdono molto

L’anno appena passato ha rappresentato un importante crocevia per le aziende con una valutazione di un miliardo di dollari o di più – i cosiddetti “unicorni”. La classifica di Disruptor 50 del 2019 ne contava 36, e fra le 18 aziende che sono state quotate l’anno scorso, 28 avevano una valutazione di 1 miliardo $ o superiore al momento dell’IPO.

Tuttavia, i risultati di queste nuove grandi aziende quotate, fra cui Uber e Lyft, hanno mostrato come la raccolta di miliardi di dollari prima dell’IPO non si traduce sempre in un successo sul mercato pubblico. In altre parole, sta finendo l’epoca delle aziende non quotate che ricevono molti finanziamenti in fasi precedenti all’IPO, poichè gli investitori stanno iniziando a dare sempre più rilevanza ai risultati raggiunti piuttosto che alle prospettive future di queste aziende.

Bill Gurley, di Benchmark Capital, un venture capitalist con anni di esperienza alle spalle nel mercato americano, ha recentemente postato un tweet in cui ha condiviso una previsione apocalittica per gli ‘unicorni’:

‘Oggi mi sembra che entriamo in una nuova fase nel mercato degli ‘unicorni’. Se una società ha raccolto più di $250 milioni e non è ancora quotata, potrebbe essere dettato dal fatto che perda troppi soldi, e che abbia un modello economico che non funziona. E probabilmente c’è bisogno di licenziamenti.’

Pensiamo a Uber, l’IPO più grande dell’anno scorso: aveva raccolto 14 miliardi di dollari prima di essere quotata, e poi 8 miliardi di dollari dopo l’IPO. Dal momento in cui è stata quotata a maggio 2019, le azioni sono scese del 17%. Lyft, l’IPO seconda più grande dell’anno passato e diretta concorrente di Uber, aveva raccolto 5 miliardi di dollari prima dell’IPO e poi 2.3 miliardi di dollari con l’offerta pubblica iniziale. Le azioni hanno registrato risultati ancora più negativi di Uber, con calo del 34% da quando è stata quotata. Al contrario, Progyny, un’azienda con una delle valutazioni più basse dell’elenco Disruptor 50 del 2019, aveva una capitalizzazione di mercato di 123 milioni di dollari prima dell’IPO, e aveva raccolto soltanto 93 milioni prima di essere quotata. In questo caso però l’IPO ha aiutato di molto l’azienda dato che nei mesi successivi le azioni hanno raddoppiato il proprio valore.

Numeri alla mano, fra le aziende che sono state quotate l’anno scorso, in generale quelle che hanno raccolto meno prima dell’IPO hanno avuto più successo. Secondo PitchBook, le aziende che hanno scambiato azioni a prezzi inferiori rispetto al prezzo dell’IPO hanno raccolto una media di 774 milioni di dollari tramite finanziamento di venture capital. Quelle che scambiano azioni a prezzi superiori al prezzo dell’IPO, invece, hanno raccolto meno di un terzo di questa somma, pari a 209 milioni di dollari.

Un’altra tendenza interessante è legata all’ascesa di nuovi settori, grazie al fatto che i fondi di venture capital scelgono sempre più startup in campi diversi dai “tradizionali” come lo sviluppo di software e la tecnologia di consumo. L’anno scorso il numero di investimenti da parte dei VC nelle società di software è sceso del 7% rispetto al 2018. È vero che il settore del software raccoglie più soldi ancora paragonato agli altri singoli settori, però la percentuale del totale è in calo.

Al contrario, gli investimenti nei servizi e sistemi sanitari sono aumentati del 16%, secondo PitchBook. Questo è il settore in più rapida crescita in termini del numero di accordi raggiunti, anche se rappresenta soltanto il 7% del totale. Inoltre gli investimenti nelle aziende nell’ambito di servizi commerciali sono aumentati dell’11%. In questa categoria si trovano una serie di startup che offrono strumenti per aziende, come servizi contabili, educativi, e immobiliari.

BizPlace unicorni

Source: https://www.cnbc.com/2020/01/23/era-of-mega-funded-money-losing-unicorns-is-coming-to-an-end.html